La paga dell'educatore

martedì 9 giugno 2009
Qualche giorno fa ho avuto l'occasione di incontrare Enrico, un carissimo amico, che lavora come Operatore Socio Sanitario presso un CEOD in provincia di Verona. Mi sono trovato spesso a condividere con lui varie esperienze, e tuttora mi piace conoscere la sua attività lavorativa, anche in vista della mia probabile futura professione di educatore.
Si è parlato anche dell'aspetto economico, argomento che come sempre interessa, appassiona e a volte affanna tutte le categorie di lavoratori.
Come è noto nel sociale le paghe non sono così lussuose questo mi è stato confermato anche da lui, nella sua esperienza lavorativa pratica. Spesso colleghi si sono lamentati per salari ritenuti inferiori rispetto all'impegno profuso e al carico di lavoro.
Io di solito tengo in ogni cosa per ultimo l'aspetto economico in tutte le cose che faccio, ma come ogni essere che si trova a vivere in questo sistema economico, mi pongo anche questioni di questo tipo, visto che non riesco ancora a vivere senza denaro!!
Enrico però mi ha spiazzato con un'affermazione semplice, ma allo stesso tempo piena di significato. “La paga dell'educatore, come la mia, è già di per se lavorare in quel contesto. Il rapporto con i “miei ragazzi” costituisce una buona parte della mia paga.”
Questa sua affermazione mi ha fatto riflettere parecchio. E' davvero questa la verità? Oppure è un goffo tentativo di giustificare il proprio lavoro, a volte così duro, e molto spesso sottovalutato e sottopagato?
Poi, scavando nella mia quotidianità, ho scoperto quanto sia vero ciò che mi era stato detto, pur nelle mie limitate esperienze da educatore.
E' arrivata l'estate ed anche quest'anno nel mio Comune (Casalserugo), è tempo di Centri Estivi.
L'anno scorso ho avuto la fortuna di essere uno degli animatori, incaricati dall'Amministrazione di organizzare le attività educativo-ricreative per tutto il mese di Luglio.
Un'esperienza sicuramente faticosa, ma altrettanto arricchente e coinvolgente, sia per noi animatori, sia per i bambini e le loro famiglie.
Quest'anno non farò parte del team organizzativo, ma sono molti i genitori che in queste settimane mi hanno fermato per le strade del paese, chiedendomi se sarei stato ancora fra gli animatori.
Questo piccolo segno per me è un grande dono. Significa che tutta la fatica fatta a seminare qualcosa anche piccolo, insignificante, ha prodotto invece qualcosa. La fiducia instaurata con i genitori, i risultati delle attività proposte, l'entusiasmo dei bambini ancora vivo a distanza di un anno.
Anche questa è la paga dell'educatore. Una paga non fatta di soldi, ma di piccoli gesti, di riconoscimenti, di relazioni create, di fiducia...in fondo ciò che veramente da forza e motivazione all'agire educativo, forse più di premi economici o gratificazioni. Una piccola lezione, che dovrò tenere bene in mente anche nel mio futuro percorso lavorativo.

5 commenti:

Emily ha detto...

E' sicuramente vero quello che hai detto,anche io sono un operatrice socio-sanitaria e ho avuto esperienze lavoarative non retribuite perchè costituivano tirocinio quindi ancora formazione anche se a tutti gli effetti lavoravo come un operatore già qualificato..noostante fosse estate e appena finita la maturità alla mattina mi svegliavo felice di trovare i "miei anziani",i "miei disabili",i "miei malati"! Era davvero soddisfacente vedere i progressi nell'autonomia di un disabile al CEOD oppure l'anziano con demenza che ti diceva una parola magari anche con poco senso oppure quando ho lavorato in terapia intensiva mi è capitato che una signora ha espressamente chiesto che andassi io a lavarla..significava che ero brava,che sapevo fare il mio lavoro,che con me si trovava bene anche perchè mi fermavo a dire due parole nonostante il lavoro gravasse su un tempo ristrettissiomo,è vero i soldi servono ma nel nostro lavoro E' TUTTO IL RESTO L'IMPORATANTE!

Giugia ha detto...

Ciao Davide!
Ho appena letto il post che mi hai lasciato! Ti ringrazio! Sono una SED...in sostanza, noi poveri educatori sociali non abbiamo l'onore di poterci iscrivere all'albo come voi! :)
In merito alla tematica che hai affrontato in questo post, mi sono interrogata parecchio...e ho ascoltato i pareri di tante persone!
3/4 delle persone che mi sono accanto (conoscenti, parenti, compagni...) mi hanno dato della pazza quando l'anno scorso ho lasciato la facoltà di lingue per iscrivermi a Rovigo! Sostengono tutti che di fronte alla crisi d' oggi e al precariato, la mia figura professionale non avrà futuro e mi ritroverò a rimpiangere la mia scelta.
Gli amici e la famiglia invece hanno compreso e mi hanno appoggiata pienamente...visto che sapevano sin dal principio che la mia strada sarebbe stata questa! - che mi conoscano più di me???- :)
Io credo che a prescindere dall'aspetto economico, che comunque conta (ipocriti quanti non lo ammettono), ci sia qualcosa di più forte! Non vorrei esser patetica, ma credo che esser educatore sia un po' "una chiamata".E' una professione estremamente impegnativa e coraggiosa, a mio parere. E' un po'come esser medico...al di là dell'aspetto economico al quale molti puntano, ti si prospettano responsabilità incredibili proprio perchè intervieni direttamente sulla vita di un'altra persona!
Tutto questo discorso complicato per dire che, a prescindere da ciò che dice la gente e dalla scarsa fiducia che gran parte di questa ripone nella figura dell'educatore, io so chi voglio essere, che tipo di educatore voglio essere e sono certa del valore della mia figura professionale! Il resto sinceramente...scivola!
Sicuramente non sarà semplice, una volta laureata, trovar lavoro e soprattutto raggiungere subito una completa indipendenza economica...però mi sentirò realizzata e la mattina mi alzerò FELICE di recarmi a lavorare...quanti possono dire lo stesso??? Senza contare che lascerò un segno nella vita di tante persone...e questo è gradioso!! E a quanti continuano a ripetermi che i fondi per il sociale in Italia, diminuiranno consistentemente rispondo che in tal caso, forse, il mio futuro non sarà qui! Magari me ne andrò in Africa o in America Latina...chi lo sa! L'importante è che io sia soddisfatta di ciò che sono e che soprattutto sappia vivere con e per gli altri!
Giulia

Anonimo ha detto...

La paga dell'educatore molto spesso non raggiunge i mille euro al mese, anche trattandosi di full time. Può forse andare meglio in instituti privati, ma anche lì non è detto e spesso si entra in meccanismi a volte meno tutelanti rispetto ad un ente pubblico.
Io sono un'educatrice esattamente per tutte le emozioni che tu descrivi molto bene, ma per età ed esperienze mi viene d'istinto parlare di qualcosa che non ho ancora letto in queste riflessioni.
Per sentirsi realizzati e "donare" le proprie energie ci vogliono CONTESTI educativi, e spesso scuole in primis, ma anche i luoghi di cura seguono dinamiche che non c'entrano niente con l'educazione.Basti pensare a quante persone lavorano con utenti estremamente delicati -minori,disabili,malati psichici- senza alcuna formazione e non sto scherzando anche se per ovvi motivi non posso citare nome di enti. Altrettanto spesso la figura dell'educatore non è assolutamente considerata una figura PROFESSIONALE, una professione, che necessita di formazione continua: l'educatore non è un volontario, senza nulla togliere ad esso. Per alzarsi ogni mattina felice conta anche se puoi essere indipendente con il tuo lavoro, come succedeva una volta.
Quando lavori con educatori che a 35 anni non riescono ad uscire di casa, a pagare l'affitto, costretti a fare 2 lavori, cominci a comprendere perchè spesso sono altamente nervosi, un po' frustati dalle mille cose che non vanno in questo paese dove davvero non si investe nell'ambito socio educativo.
E quando i CAG chiudono perchè il comune non finanzia il progetto c'è poco di poetico e magico.
Senza soldi non si va da nessuna parte in questo mondo malato, è crudele ma è così. Senza soldi non si finanziano i progetti e si relega il terzo settore sulla base del volontariato/chiesa.
Senza dimenticare che l'educatore è un lavoro a contatto con l'"altro" e andrebbe di conseguenza sorvegliato costantemente, in un continuo lavoro su di sè RICONOSCIUTO come necessario per essere davvero professionali nel senso più alto e pieno del termine.
In molti contesti sociali ed educativi di questo paese si seguono logiche che non c'entrano nulla con l'educazione.
Molti educatori vivono e lavorano quotidianamente senza riconoscimento economico, professionale, sociale.
Ma quando per mangiare devi lavorare ti pieghi e accetti, anche a costo di vedere infranti certi desideri. E non si ha per sempre 20 anni, e non sempre basterà dirsi la mia paga è un'altra non i soldi, io cambierò il mondo, io cambierò questo, questo non è un lavoro ma una vocazione.
Io continuo a fare questo lavoro esattamente per tutte le dimensioni
belle, poetiche, magiche venute già fuori, ma ci tenevo a destabilizzare un attimo un'immagine estremamente luminosa...dove c'è luce, c'è anche ombra...se non ne diveniamo consapevoli risulta poi impossibile riuscire ad abitare anche questa dimensione meno brillante, ma altrettanto importante e densa di significati.
Ciao e buona continuazione
Gisella

Davide Donnola ha detto...

Ciao Gisella, mi fa piacere il tuo commento...tra l'altro una sottolineatura di quella che putroppo è la ben nota realtà.
I malesseri che noto sono due. Da una parte il non riconoscimento della figura dell'educatore, che si confonde molto spesso sia nell'immaginario collettivo, sia nella prassi lavorativa, con altre figure non meglio precisate.
Dall'altra invece l'aspetto economico, che completa il quadro di "frustrazione" che a volte puo colpire chi non si sente valorizzato e stimato in pieno per quello che è e che fa.
In realtà secondo me sono due ambiti ben distinti ma che vanno pari passo. Non appena si riconoscerà l'educatore come una figura fondamentale in molti contesti, solo allora il nostro valore, anche economico, potrà salire. Viceversa se pur di mangiare si accettano compromessi troppo pesanti, questa battaglia di riconoscimento non avrà l'esito sperato. Sono molti i lavori che hanno lottato per essere riconosciuti. Io non ho 20 anni, e per sei anni ho fatto l'operaio, conoscendo un po' la storia sia presente che passata di tale categoria, e ti assicuro che per ottenere qualcosa si sono fatte ore e ore di scioperi, manifestazioni, cortei, lotte sindacali...fino ad arrivare ai riconoscimenti ottenuti nei giorni nostri (anche se questi stanno venendo meno pian piano...). E di certo nel passato non erano tempi migliori degli attuali.
Potrei definirmi un "mammone" visto che vivo ancora con i miei, e certe responsabilità non me le sono ancora prese. E capisco chi ha una famiglia e deve campare con la misera paga da Educatore (come tanti altri daltronde).
Ma un messaggio vorrei trasmettere a noi giovani. Proprio perchè non abbiamo vincoli, famiglie da portare avanti, e abbiamo invece la forza delle idee...perchè non investire la nostra giovinezza a portarle avanti queste idee, magari in maniera professionale. Come studenti provare ad impegnarsi in tutte le sedi possibili per affermare la figura dell'educatore, diffondere fra i nostri conoscenti, fra gli ambienti specializzati e non chi è e cosa fa l'educatore, con tutta la fantasia che si puo usare.
Questo sarebbe un servizio per tutti, non solo per noi stessi, ma anche per quelli che , come dici tu, e forse come capiterà a noi, sono constretti a fare due lavori e si ritrovano frustrati dalle molte cose che in questo paese non vanno.
Molti giovani si sono impegnati nel passato, perchè non continuare a farlo? Forse abbiamo troppa paura? O siamo troppo immersi nelle nostre piccole sicurezze?
E proprio perchè non si ha sempre 20 anni, bisogna aprofittare della giovinezza, anche magari per sbattersi ad affermare e far riconoscere la figura professionale dell'educatore...questo vorrebbe essere il mio messaggio, che mi sebra proprio educativo nel vero senso della parola, sicuramente di più della rassegnazione.

Anonimo ha detto...

Ciao Davide,
su alcuni punti mi trovo in una posizione probabilmente molto più pessimista della tua. Si sono fatte battaglie che oggi come oggi bruciano in un secondo davanti allo sfrenato, inarrestabile sistema socio-economico in cui viviamo. Certo, almeno allora si credeva nelle idee, si era disposti a portarle avanti con sacrificio ed energia, esattamente quello che una generazione non solo di 20 enni non è più disposta a fare proprio perchè cresciuta con la pappa pronta...In realtà ciò di cui stiamo parlando è complesso, complicato e difficile da sviscerare in questa sede telematica. Di sicuro su una cosa mi trovi d'accordo: la rassegnazione non porta da nessuna parte, sotto ogni punto di vista, non solo educativo o nell'educazione.
Un sincero e sentito in bocca al lupo per i tuoi progetti e le tue "battaglie"!
Gisella